Ho avuto, ieri, un interessante colloquio con la responsabile HR di una grande azienda. Abbiamo parlato – ovviamente – di gestionali. Aveva una lista di nomi di software, utilizzati dall’azienda, e me ne ha chiesto conto. Alcuni erano software più o meno famosi, altri sconosciuti o di nicchia, venduti da qualche bravo commerciale che ha saputo valorizzarli. Tranne in un caso, per tutti gli altri il “motore” è lo stesso, e quello che cambia è l’interfaccia, la parte che l’utente vede, la grafica. Che fa però sembrare tutto diverso.

Come quando creano uno scooter in cinque modelli differenti, con lo stesso motore noto e affidabile, preso dallo stesso costruttore.

Ho dovuto muovermi da Roma fino in Alto Adige e non consiglio a nessuno la faticaccia, con treni che assomigliano ai carri bestiame utilizzati in altre epoche, per deportare persone. Nulla che non sia noto, ne sono certo. Alcuni turisti hanno passato tutto il viaggio in piedi nello spazio fra una carrozza e l’altra, pur avendo il posto a sedere, perche “safely, più sicuro”, potendo avere in vista i bagagli. Unica nota positiva, anche per evitare gli starnazzamenti di una vecchia borghese lamentosa per gli odori molesti che, a suo parere, il sedile aveva fatto suoi, la possibilità di vedere un film attraverso il wi-fi del treno. Nemmeno quello funzionava perfettamente, ma da un carro simil-bestiame non ci si può aspettare molto di più.

In ogni caso il film, visto e rivisto, ma sempre di gran valore, mi ha fatto riflettere, anche qui pur senza nulla di particolarmente nuovo o eclatante. La protagonista, Paola Cortellesi, rientra dall’estero in Italia come brillante architetto e con molti successi nel proprio portfolio, per trovare un mondo del lavoro maschilista e basato su logiche – appunto – da film. Il film, invece, racconta la realtà, quella che ognuno trova nel mondo del lavoro cui spererebbe di far parte.

Il film – Scusate se Esisto! – spiega come la Cortellesi, davanti a un progetto per la riqualificazione di un quartiere romano, Corviale, si debba per forza fingere un uomo, e passare attraverso vicende tanto ridicole quanto comuni, per avere una chance. In due parole, deve inventarsi qualcosa di nuovo, per avere una chance.

Nel mio breve soggiorno in Alto Adige, poche ore prima, avevo letto su un quotidiano del problema di lupi e orsi, che sembra spaventare il futuro di molti allevatori locali, e che i politici della zona stanno usando come ricettacolo di voti. Ovviamente la vicenda è più complessa di così, e animalisti e ambientalisti insistono – giustamente – con un punto di vista che non semplifichi in due fucilate il problema.
Un intervento, fra i tanti, mi ha colpito. Se non ricordo male si trattava di una breve intervista a Maria Vittoria Brambilla. L’articolo riportava le sue parole, a proposito del problema orsi:

“Un’osservazione sorge spontanea: avrebbero potuto pensarci prima, ad esempio prima di varare un piano di ripopolamento dell’orso sulle alpi…”

Un ripopolamento, peraltro, pagato con fondi UE, a quanto sembra.

Vi state annoiando? Va bene, veniamo al dunque.

Cosa c’entra il film della Cortellesi, l’appuntamento con una dirigente di una grande ditta Altoatesina, il ripopolamento di lupi e orsi e il problema che sembra derivarne?

Sono tutti esempi di come dovrete necessariamente affrontare situazioni sbagliate già in partenza, gestite male, create peggio.

Difficile, se non impossibile, porre rimedio “dopo”. Come con gli orsi. Avranno interpellato esperti della materia? Avranno chiesto a chi si intende di orsi, a chi li ha studiati, e avranno domandato la possibilità di qualche problema successivo al reinserimento di un animale che, evidentemente trovandosi bene nella nuova casa, avrebbe cercato una compagna, o un marito orso, e poi riprodotto?

Nel caso dei gestionali, invece, il commerciale che li ha proposti come soluzione perfetta per l’azienda, o il personale interno che li ha scelti, ha valutato tutte le opzioni? Se è così, perchè ne ha fatti adottare molti, per lo stesso lavoro, anche se – come sembra – utilizzano lo stesso motore, pur chiamandosi in modi diversi? Non sarebbe stato forse meglio adottare una soluzione abbastanza potente da guardare al futuro, e ripartire il budget – e sicuramente risparmiare – per un software unico, invece che adottarne cinque o sei diversi?

Con le opportune cautele, come vedete, il mondo gira esattamente come ha raccontato la Cortellesi nel suo film. In un modo o in un altro esiste qualcuno che, per un picccolo o grande vantaggio, comunque momentaneo, sfrutta l’ignoranza (è ovvio, non si può conoscere tutto) a proprio favore. Una soluzione, o forse l’unica, è purtroppo diventare altrettanto furbi, se si ha sufficiente pelo sullo stomaco.

Se non lo avete, come anche chi scrive, siete destinati a tenere per voi ogni commento sugli altrui errori, al massimo discuterne con i vostri familiari, a cena.

Ora sapete un altra ragione per cui, alla vostra età, non siete stati scelti per il lavoro dei vostri sogni. Altri, più furbi, hanno venduto il loro prodotto – la loro pelle – molto meglio di voi. E se ne fregano se ora ci sono troppi orsi, o se l’ERP è un casino inestricabile, o se Corviale non è stato riqualificato.

N.B.: i fatti raccontati sono solo esempi senza esatta corrispondenza con la realtà, non è stata espressa nessuna opinione politica su avvenimenti reali, e non è per esprimere giudizi che sono state scritte queste poche righe.